Emanuele e Matteo sono due fratelli, entrambi nati in un paese di provincia
di quelli sperduti, dimenticati, abbandonati sempre più spesso dai giovani, che hanno fame di vita di esperienze ed ambizioni.
I Genitori, degli imprenditori locali, proprietari di un caseificio a conduzione familiare;
gli affari andavano bene e da poco avevano ampliato l’attività, riuscendo ad assumere mezzi ed addirittura nuovo personale.
Emanuele viveva alla giornata, dopo il lavoro si fermava nel bar del paese con gli amici, e davanti a litri di birra insieme a loro aspettava la fine del giorno.
La Domenica si andava in discoteca oppure qualche grigliata su in montagna, non sapeva cosa fare ancora nella vita, e per ora andava bene così, tanti soldi in tasca e pochi pensieri.
Matteo mostrava segni d’insoddisfazione, era una persona curiosa e desiderosa di avventure, e passare il giorno davanti al bancone di un bar, non gli piaceva più tanto oramai.
Ci sarebbe stata presto l’occasione per entrambi di poter dare una svolta alla loro vita, e Matteo la colse al volo; si iscrisse ad una delle più importanti e prestigiose Università di Roma, dove continuò a studiare ed approfondire le sue passioni, aveva le idee chiare, nonostante la sua giovane età.
Emanuele nonostante avesse avuto la stessa opportunità, preferì continuare la sua solita vita tra bar feste e grigliate in montagna.
Matteo girò il mondo in lungo ed in largo fece tantissime esperienze, incontrò centinaia di persone con le quali condivise sprazzi di vita, pensieri, esperienze.
Emanuele le solite compagnie, i soliti posti, i soliti discorsi.
Si rincontrarono dopo anni tutti in famiglia, una tavolata enorme era stata preparata per l’occasione, c’erano tutti i familiari e sopratutto amici di amici di amici, quelle feste enormi piene di gente che non finiscono mai.
Io, loro amico d’infanzia, me ne stavo da parte e li osservavo curioso.
Matteo era cordiale, aperto con tutti, sempre pronto al dialogo, era cresciuto moltissimo fuori ma sopratutto dentro, il mondo l’aveva arricchito, forgiato, reso ancora più bello.
Emanuele se ne stava con gli amici e preferiva dietro litri di birra che traboccavano dai loro boccali, ridere, scherzare, e sopratutto apostrofare tutte quelle persone;
non aveva nessuna voglia di socializzare, quella vita forse, pensavo, l’aveva reso arido di conoscenze, di emozioni; il bar, la routine giornaliera, avevano messo radici dentro e fuori il suo spirito.
Eppure avevano sempre avuto un carattere simile, e le stesse esperienze, li avevano accompagnati fino ai 18 anni, prima che ognuno scegliesse la propria strada.
Io continuavo a guardarli, immerso in questo grande giardino di questa enorme casa di campagna, circondato da invitati ormai stanchi ma sopratutto ubriachi;
e mentre i fuochi d’artificio alti nel cielo, preannunciavano la conclusione della festa.
Io avevo già in mente cosa mettere nella mia valigia, perché presto, come il buon Matteo,
si parte.