I suoi occhi parlavano una lingua a me sconosciuta,
ma tanto intrigante, che, come un vecchio scienziato
volevo a tutti i costi capire.
La cercavo con le più assurde scuse, solo per poterli leggere,
poterli guardare il più possibile,
come uno stupendo quadro di un museo, fino all’orario di chiusura.
Lei pensava fossi un pazzo,
uno di quelli a cui manca qualche rotella;
non sapeva che stavo traducendo la più bella lingua mai conosciuta,
quella, dei suoi magnifici occhi.